FRAMMENTO APOCRIFO DI STRATONE DA LAMPSACO

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24 giugno 2015 di vincenzosardiello

Paul Klee, Strada principale e strade secondarie, 1929

Paul Klee, Strada principale e strade secondarie, 1929

Diciannovesimo appuntamento con le Operette Morali di Giacomo Leopardi. Oggetto della nostra analisi è l’operetta “Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco”.

L’Operetta si apre con la spiegazione che il frammento in oggetto si trova presso i monaci sul Monte Athos ed è attribuibile al filosofo Stratone da Lampaco, precettore di Tolomeo e padre nobile della scienza pneumatica.

Il frammento si struttura in due parti distinte: della origine del mondo e della fine del mondo.

Le cose materiali, siccome elle periscono tutte ed hanno fine, così tutte ebbero incominciamento. Ma la materia stessa niuno incominciamento ebbe, cioè a dire che ella è per sua propria forza ab eterno. Imperocché se dal vedere che le cose materiali crescono e diminuiscono e all’ultimo si dissolvono, conchiudesi che elle non sono per sé né ab eterno, ma incominciate e prodotte, per lo contrario quello che mai non cresce né scema e mai non perisce, si dovrà giudicare che mai non cominciasse e che non provenga da causa alcuna.

Tutte le cose che hanno una fine hanno necessariamente avuto un inizio. L’unica eccezione a questa regola è la materia universale. Questa sostanza non solo è stata sempre presente, ma continuerà ad esserlo in eterno in quanto non è soggetta alla caducità e alla morte. La materia è in continuo movimento dettato da una forza propria che ne garantisce la permanenza. Le forme che assume sono causate da molte forze che determinano cambiamenti e la conformazione di mondi differenti.

Questo mondo presente del quale gli uomini sono parte, cioè a dir l’una delle specie delle quali esso è composto, quanto tempo sia durato fin qui, non si può facilmente dire, come né anche si può conoscere quanto tempo esso sia per durare da questo innanzi. Gli ordini che lo reggono paiono immutabili, e tali sono creduti, perciocché essi non si mutano se non che a poco a poco e con lunghezza incomprensibile di tempo, per modo che le mutazioni loro non cadono appena sotto il conoscimento, non che sotto i sensi dell’uomo. La quale lunghezza di tempo, quanta che ella si sia, è ciò non ostante menoma per rispetto alla durazione eterna della materia. Vedesi in questo presente mondo un continuo perire degl’individui ed un continuo trasformarsi delle cose da una in altra; ma perciocché la distruzione è compensata continuamente dalla produzione, e i generi si conservano, stimasi che esso mondo non abbia né sia per avere in sé alcuna causa per la quale debba né possa perire, e che non dimostri alcun segno di caducità. Nondimeno si può pur conoscere il contrario, e ciò da più d’uno indizio, ma tra gli altri da questo.

Il mondo viene percepito come statico e immutabile agli occhi degli uomini, eppure, abbiamo piena consapevolezza che è in continua trasformazione ed evoluzione. Questa evoluzione prima o poi sfocerà nella scomparsa della Terra per come la conosciamo.

La Terra a causa della sua rotazione potrebbe staccare il proprio equatore che diventerebbe una sorta di anello intorno al pianeta. Tutto questo causerebbe un avvicinamento dei poli con un graduale appiattimento del pianeta, che poi collasserà contro il sole. Anche il sole ruota e subirà lo stesso destino.

L’unica cosa che resta è la materia che potrà trasformarsi in altro.

La teoria sulla fine del mondo si è ormai ampiamente dimostrata errata.

L’operetta racconta con strabiliante semplicità, tuttavia, il principio di Lavoisier (nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma) fuso con il principio Spinoziano del Deus sive natura.

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