PROPOSTA DI PREMI FATTA DALL’ACCADEMIA DEI SILLOGRAFI

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17 dicembre 2014 di vincenzosardiello

La poltrona del potere - Alberto Sughi - 1969

La poltrona del potere – Alberto Sughi – 1969

Continua il nostro viaggio nel mondo delle Operette Morali di Giacomo Leopardi. Siamo alla quarta tappa. Oggetto delle nostre attenzioni è l’Operetta “Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Sillografi”, scritta nel febbraio del 1824 a Recanati.

Già nel titolo si intuisce che il centro di questa operetta sia la burla e l’ironia. I sillografi erano nell’antica Grecia i creatori di versi burleschi ed ironici. Ovvio che un premio dato da siffatti personaggi non abbia assolutamente nulla di serio.

Ma quello che non appariva serio all’epoca di Leopardi non è detto si sia mantenuto intatto sino ai giorni nostri.

L’Accademia dei Sillografi attendendo di continuo, secondo il suo principale instituto, a procurare con ogni suo sforzo l’utilità comune, e stimando niuna cosa essere più conforme a questo proposito che aiutare e promuovere gli andamenti e le inclinazioni Del fortunato secolo in cui siamo, come dice un poeta illustre; ha tolto a considerare diligentemente le qualità e l’indole del nostro tempo, e dopo lungo e maturo esame si è risoluta di poterlo chiamare l’età delle macchine, non solo perché gli uomini di oggidì procedono e vivono forse più meccanicamente di tutti i passati, ma eziandio per rispetto al grandissimo numero delle macchine inventate di fresco ed accomodate o che si vanno tutto giorno trovando ed accomodando a tanti e così vari esercizi, che oramai non gli uomini ma le macchine, si può dire, trattano le cose umane e fanno le opere della vita.

Siamo solo nel 1824 e la centralità delle macchine comincia a far sentire il suo peso. Si respira subito un tono molto polemico. Quasi traspare un certo spirito luddista in queste premesse, che pare ovvio, condurranno a conclusioni quanto meno paradossali. Questa fantomatica associazione indice un concorso per premiare 3 invenzioni.

L’intento della prima sarà di fare le parti e la persona di un amico, il quale non biasimi e non motteggi l’amico assente; non lasci di sostenerlo quando l’oda riprendere o porre in giuoco; non anteponga la fama di acuto e di mordace, e l’ottenere il riso degli uomini, al debito dell’amicizia; non divulghi, o per altro effetto o per aver materia da favellare o da ostentarsi, il segreto commessogli; non si prevalga della familiarità e della confidenza dell’amico a soppiantarlo e soprammontarlo più facilmente; non porti invidia ai vantaggi di quello; abbia cura del suo bene e di ovviare o di riparare a’ suoi danni, e sia pronto alle sue domande e a’ suoi bisogni, altrimenti che in parole.

La prima macchina da creare sarà un robot che avrà il compito di diventare l’amico perfetto. Oggi, in un mondo che guarda esclusivamente proiettato verso il piccolo schermo di un cellulare ed in cui la socialità ed i riti dello stare insieme sono compromessi dal frastuono della modernità, le parole di Leopardi sembrano sassi aguzzi scagliati contro di noi. Di fatti le cose sono andate anche peggio da come le descrive ironicamente il nostro Giacomo, perché l’amico posticcio non ha assunto neanche le vaghe fattezze umane ma una forma indefinita: la virtualità. I social negano anche la fisicità dell’essere umano.

La seconda macchina vuol essere un uomo artificiale a vapore, atto e ordinato a fare opere virtuose e magnanime. L’Accademia reputa che i vapori, poiché altro mezzo non pare che vi si trovi, debbano essere di profitto a infervorare un semovente e indirizzarlo agli esercizi della virtù e della gloria. Quegli che intraprenderà di fare questa macchina, vegga i poemi e i romanzi, secondo i quali si dovrà governare circa le qualità e le operazioni che si richieggono a questo automato.”

La seconda macchina dovrà sostituire l’uomo nelle azioni virtuose, dispensando di fatto dalle fatiche e dalle incombenze derivanti dalla relazione con l’altro. Ovviamente il venire meno di questo compito autorizza l’uomo ad avere un comportamento amorale in quanto ci sarà chi poi, in propria vece, risolverà le situazioni. Si innesca un continuo impoverimento della natura umana che farà scivolare il genere umano verso uno stadio di macchina.

La terza macchina debbe essere disposta a fare gli uffici di una donna conforme a quella immaginata, parte dal conte Baldassar Castiglione, il quale descrisse il suo concetto nel libro del Cortegiano, parte da altri, i quali ne ragionarono in vari scritti che si troveranno senza fatica, e si avranno a consultare e seguire, come eziandio quello del Conte.”

L’ultima macchina dovrà rispondere al compito più arduo: creare la donna perfetta, che risponda, cioè, ai dettami ideali descritti dai poeti.

In questa operetta, considerata dai letterati come una delle meno riuscite del libro, troviamo un’accusa molto forte ai contemporanei. Una società che ha perso l’amicizia, il senso morale e la capacità d’amore come potrà finire?

Certamente la risposta non la troverete sul vostro telefonino.

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