Coronavirus – verso una decrescita infelice

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5 aprile 2020 di vincenzosardiello

Viviamo giorni surreali in cui il tempo sembra aver smarrito senso. Anche i numeri hanno mutato la loro traiettoria. Le curve di crescita, gli incrementi, le statistiche, i picchi, non si riferiscono più ad una promessa di felicità, ma ad una contabilità materiale fatta di vivi, sopravvissuti e, purtroppo, morti.

Nel sottobosco neoliberista, quello all’interno del quale vive ognuno di noi, tutto ciò che appariva come vitale, all’improvviso, ha mutato aspetto. Parafrasando il Piccolo Principe, in un lampo, l’essenziale si è reso visibile agli occhi, mostrandoci con tutto il suo spietato cinismo la piccolezza di tutto ciò in cui credevamo e di cui ci siamo fatti anche strenui difensori.

Oggi, a distanza di 80 anni dalla nostra entrata nella tristemente nota Seconda Guerra Mondiale, ci riscopriamo, come allora, fragili e indifesi di fronte a forze dirompenti che pensavamo di poter fronteggiare e sconfiggere. Vincere e vinceremo!, appunto.

Mai più, si disse dopo aver subito i supplizi del conflitto più sanguinoso nella storia dell’umanità. Mai più, abbiamo continuato a ripeterci, noi, nei caldi e comodi salotti post ricostruzione. Invece è successo di nuovo.

Questa volta il nemico non arriva dall’alto con le sue bombe, non indossa divise militari, non combatte sotto alcuna bandiera, ma si insinua e usa i nostri affetti più cari ed è pronto a sferrare il suo attacco senza guardare in faccia a nessuno.

Il comune denominatore tra la pandemia di oggi e la tragedia della guerra di ieri è la sovrastruttura economica che predica un cieco credo nel mercato, a discapito della qualità della vita di milioni di persone.

Sembrano passati secoli dallo stato non esiste, esistono le persone concrete di tacheriana memoria, da allora si è assistito ad un progressivo smantellamento dello stato sociale e dei servizi essenziali, proprio quelli che oggi invochiamo a gran voce. Tutto questo a favore di cosa? Del mercato naturalmente, che nel frattempo ha abbattuto le barriere spaziali, temporali e, persino dell’ancoraggio alla realtà, diventando capitalismo finanziario globale. Il trionfo delle teorie di von Hayek.

Tutto questo ha stravolto la vita delle persone che dallo Stato che ti accompagna dalla culla alla tomba si sono ritrovate proiettate nell’inferno dell’homo homini lupus.

Secondo i teorici radicali del neoliberismo persino il Coronavirus rappresenta una evoluzione necessaria dell’economia. Rientra in quel principio di “distruzione creativa” che dovrebbe preannunciare l’avvento di una nuova età dell’oro. Poco, anzi pochissimo, importa se questa distruzione creativa lascerà sul campo migliaia di vittime e che la prima fase postpandemica metterà in ginocchio una intera generazione.

La domanda che ci perseguita in questa fa è se la mano invisibile aggiusterà tutto, oppure se volteremo totalmente pagina dopo questa sciagura.

È molto difficile fare previsioni al riguardo. Il pensiero neoliberista ha mutato dalla radice il nostro modo di vedere il mondo e di interpretarne le dinamiche. Sin dalla nascita ognuno di noi subisce, inconsapevolmente e totalmente in buona fede, un processo di adattamento a questo sistema. La scuola, l’Università e tutte le agenzie di formazione, hanno come obiettivo primario proprio quello di introdurre nella sovrastruttura. Non è assolutamente una novità, già negli anni ’50 David Riesman con i suoi studi pioneristici mostrò l’altro volto dell’istruzione nella scuola americana.

Senza perderci nei meandri del pensiero contemporaneo, possiamo comunque affermare che modificare la visione del mondo della folla solitaria che invade le nostre strade sarà un processo lungo e affatto scontato.

Il rapporto tra prezzo e valore, la forza prevaricatrice della finanza, il senso della vita commisurato nel successo professionale, lo stato nemico, l’ambiente come risorsa da sfruttare, sono concetti difficili da sradicare, anche di fronte all’evidenza del fallimento della nostra società posta davanti alla violenza di questa epidemia.

Sembrano trascorsi tempi lunghissimi dagli appelli di Greta Thunberg verso una decrescita controllata a favore di una maggiore responsabilità condivisa nei confronti dell’unico ambiente che abbiamo a disposizione. È stata insultata, vilipesa e addirittura umiliata con il corredo di oscenità sessiste che la nostra società è capace di offrire.

Poco importa se le sue parole invitassero al buonsenso e se questa epidemia è soprattutto figlia del sistema economico che rende impossibile fermarsi.

Il capitale globale non si può fermare e non si fermerà.

Le vittime di oggi sono l’avanguardia del nostro esercito contro il coronavirus, i caduti di domani, saranno colpiti dal fuoco amico di una economia che non ha nulla di umano nei suoi processi.

Parafrasando Winston Churchill possiamo dire che potevamo scegliere fra una decrescita felice e il neoliberismo, abbiamo scelto il neoliberismo e avremo una decrescita infelice.

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